Nella nostra rubrica di interviste dedicate al vino italiano e alla voce degli esperti globali, vi raccontiamo la nostra conversazione con Susan H. Gordon. Grande comunicatrice ed esperta di vino rinomata in tutto il mondo, con un background globale, nasce a Roma e cresce a New York. In questa intervista, scopriamo insieme cosa ne pensa del nostro Paese e della nostra produzione.
Susan H. Gordon è una dottoranda in Creatività presso la University of the Arts di Philadelphia, (Pennsylvania), dove sta lavorando a un libro con focus sul Prosecco Superiore DOCG. È una Italian Wine Ambassador della Vinitaly International Academy e scrive di vini italiani come collaboratrice di ForbesLife e copre gli Stati Uniti orientali per il Pocket Wine Book di Hugh Johnson. Nel 2020 il suo articolo “Cosa può dirci una piccola collina in Abruzzo della cultura locale” è stato pubblicato sulla rivista accademica Gastronomic for food studies della University of California Press.
Speriamo che Susan possa illuminarci non solo sul Prosecco e sull’Abruzzo, ma anche su tanti altri argomenti. Come piccola curiosità, ha trattato sia l’Aleatico che il territorio della Tuscia.
Anche se l’argomento focus di oggi è su Francia e Italia, e la percezione che hanno gli statunitensi di questi due paesi. Cosa ne pensi, Susan?
Innanzitutto, sono una scrittrice e un’amante dei vini e non un broker, per cui posso parlare solo per New York, dove vivo, e per le città vicine, come Philadelphia. Penso che i vini italiani siano visti come più intriganti e complicati di quelli francesi da due gruppi di clienti. Da un lato, quelli che cercano la qualità in un’elevata diversità di varietà, stili e tradizioni come, ad esempio, il Timorasso, vini dell’Etna alle differenze di territorio dell’Abruzzo, attraverso le sue relativamente poche specie autoctone, ai bianchi della Campania, l’Aglianico del Vulture o ancora e le varietà più antiche del Lazio, per fermarsi da qualche parte. Dall’altro, chi cerca la massima qualità per zone: Barolo e Barbaresco, i vini toscani del Sangiovese e le icone tra quelle che sono conosciuti ai più come i supertuscans, oppure certi vini bianchi dell’Alto Adige.
I vini francesi saranno sempre importanti, ma condividono lo spazio con quelli italiani. Sicuramente, i vini italiani stanno creando nuovi paradigmi nei profili del vino.
Ad esempio, nuove idee su cosa significhi armonia nel vino e apprezzamento dei vini unici, siano essi uve rosse aromatiche o vini nati dall’appassimento delle uve. Inoltre, a differenza degli intenditori di vino francesi, questi due gruppi rimangono molto aperti e accoglienti.
Quali gruppi di consumatori (gruppi, età, sesso, ecc.) scelgono i vini italiani più facili? E che tipo di vino (biologico, frizzante, rosato)?
Anche se a tutti piace parlare di selezioni di vini, diciamo, per età o zona, da quello che vedo è difficile farlo in maniera accurata o significativa. Per me ha più senso parlare di stili e di come le persone reagiscono ad essi. Trattandosi della mia principale area di ricerca, direi che gli spumanti DOC Prosecco sono scelti facilmente dalla maggior parte dei gruppi, ma le zone storiche di Conegliano-Valdobbiadene e Asolo DOCG sono sempre più capite da un piccolo ma crescente gruppo di appassionati come una delle espressioni serie del vino italiano. Direi che soprattutto l’enfasi sull’uso della parola ‘rosato’ in inglese e in altre lingue sta aiutando le persone a capire e cercare i vini rosé italiani. E il numero diffuso e crescente di bottiglie dall’Italia con etichette bio, FiVi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) e altre etichette simili è davvero entusiasmante, e spero che più persone qui prestino attenzione e se ne accorgano.
In base a quello che ci hai appena detto, quali attività pensi che la regione Lazio dovrebbe applicare per guadagnare spazio negli Stati Uniti?
Penso che ci siano diversi modi per spiegare il Lazio, che potrebbero essere fatti tramite degustazioni, assaggi online, inviti alla stampa e specialisti. Innanzitutto, l’enfasi sulle varietà autoctone e sul loro territorio (comprese le tradizioni, le nuove interpretazioni, le tradizioni che si stanno riscoprendo ora) all’interno della regione sono le più importanti. Per esempio, qui non c’è molto Cesanese, ma ogni volta che qualcuno apre una bottiglia o ne pubblica anche una foto, c’è molto interesse a riguardo. Per lo stile di vita urbano, il Frascati di qualità dà l’impressione di un vino serio da bere durante un fine settimana fuori. Le varietà di vino bianco del Lazio come il Bellone vengono deliziosamente chiamate “scoperte” qui. Di recente ho scritto di alcuni dei vini rossi della Tuscia, già conosciuti dagli appassionati di vino naturale, e che sono conosciuti come vini lacustri. Ed è molto importante ricordare che il Lazio è un’area vinicola vulcanica.
Hai vissuto a Roma una parte della tua vita e vieni spesso. Cosa ti piace di più della città (o dei suoi dintorni) e a cosa non rinunci mai?
L’Italia è bella, e le colline del Prosecco DOCG mi sono particolarmente care, ma niente è meglio della campagna romana, soprattutto i suoi suoni. Una lunga passeggiata lungo la via Appia Antica con mia cugina che abita nelle vicinanze è la nostra tradizione ogni volta che torno. Compro sempre pizza bianca, pizza rossa, un supplì, tutti i cibi della mia infanzia. E un cappuccino e cornetto mattutino (anche se ora faccio più fatica a trovarli). Un amico ha aperto una trattoria al Pigneto prima della pandemia e ora anche il suo locale e un ristorantino a Trastevere sono luoghi a cui non rinuncio mai. Vado sempre a correre sul Lungotevere e a Villa Doria Pamphili. E chiaramente al Vinaietto, per prendere delle bottiglie per casa e fermarmi per un bicchiere durante le mie passeggiate nella città eterna.