Per rendersi conto dell’importanza di Shigeru Hayashi per l’enogastronomia italiana in Giappone forse basterebbe citare i numerosi libri da lui pubblicati negli ultimi venti anni – da “Il vino ITALIANO di Shigeru Hayashi” a “Il vino Italiano e la Cucina Giapponese” – o il fatto che è stato, nel 1994, il primo sommelier giapponese diplomatosi in Italia.
Ma andrebbero citati anche i numerosi premi ricevuti nel nostro Paese, dove ha vissuto per diversi anni a più riprese, così come il suo impegno, dal 2009 al 2015, come Presidente di Eataly Japan.
Insomma è impossibile trovare una persona più preparata di Shigeru Hayashi sul rapporto tra Italia e Giappone in cucina e nel bicchiere, per questo è stato un piacere, oltre che un onore, poter dialogare con lui su come i giapponesi vedono il nostro vino. E su come noi italiani dovremmo interpretare il mercato e la cultura del Paese del Sol Levante.
Signor Hayashi come vengono visti i vini italiani in Giappone, fanno parte del “Made in Italy“, come la moda, o invece sono un qualcosa di più recente o di nicchia?
In Giappone, ci sono più di 10.000 ristoranti italiani, anche i vini italiani sono conosciuti bene come la pasta e la salsa di pomodoro. Ma il consumo del vino in Giappone è ridotto, circa 3,5 litri pro capite l’anno, cioè un decimo di quello che si registra in Italia. Si può dire dunque che la sfida è sviluppare il mercato.
I consumatori giapponesi sono attenti alla sostenibilità anche nel vino? Stanno premiando o scegliendo di più rispetto al passato i vini biologici/sostenibili? C’è una definizione o una certificazione più forte di altre?
L’interesse per il vino biologico sta crescendo enormemente e la sostenibilità ne è un’estensione. Sta diventando una grande ondata.
Italia e Giappone hanno in comune, tra le altre cose, una cultura millenaria, questo ha un effetto anche sulla considerazione dei vini o dei prodotti alimentari italiani? Il vino è un souvenir dei viaggi in Italia?
Italia e Giappone sono Paesi molto simili geograficamente e climaticamente, tanto che in entrambi è possibile poter contare su ottime produzioni di ortaggi, così come è abbondante la presenza del pesce sulla tavola e in cucina. C’è inoltre un punto in comune, le cucine tradizionali delle due culture sono di base molto semplici. È comune per i giapponesi pensare che se andranno in Italia, apprezzeranno il cibo italiano e, insieme, il vino italiano.
La cucina giapponese può essere abbinata ai vini italiani? Si sta provando a unire sapori locali e vini stranieri o le cose rimangono separate?
La cucina giapponese è basata quasi sempre su piatti semplici che sfruttano al massimo gli ingredienti, per questo si abbina bene con vini italiani altrettanto semplici, per esempio privi di importanti affinamenti in legno. Quello che è importante sottolineare è che il vino sta diventando sempre più popolare tra i giapponesi proprio come accompagnamento a un pasto.
Quali regioni, o denominazioni, italiane sono più conosciute? C’è posto per il Lazio nel mercato giapponese e in che modo dovrebbero presentarsi i vini della regione?
I vini italiani più conosciuti in Giappone sono il Chianti e il Soave, che sono entrati per primi nel mercato locale. Ma, come dicevo all’inizio, ci sono più di 10.000 ristoranti italiani in Giappone è già ora sono importanti nel Paese vini toscani, piemontesi, veneti e anche dalle altre regioni.
I vini laziali non sono ancora molto conosciuti, ma i vitigni autoctoni e i vini capaci di comunicare una specifica originalità hanno buone potenzialità di imporsi e trovare spazio.