Giornalista italiana, wine educator e giudice per concorsi enologici in tutto il mondo, vive negli Usa una delle protagoniste della rivoluzione femminile nel mondo del vino
Con il 2021 riparte l’impegno di Cincinnato, e mio personale, per un nuovo ciclo di interviste. Abbiamo iniziato durante il lockdown pensando e sperando sarebbe stato l’unico, invece nei mesi ci siamo dovuti adeguare a restrizioni più o meno forti, e anche se ora vediamo una luce in fondo al tunnel grazie ai vaccini, siamo ancora a casa per la maggior parte del tempo. Per questo abbiamo deciso di farvi ancora compagnia, tornando a intervistare personaggi legati al mondo del vino per mettere sul tavolo (anzi, sul web!) contenuti più tecnici, “di settore” potremmo dire.
Cominciamo a gennaio, e la cadenza sarà ancora mensile, con un tema purtroppo ancora oggi di stretta attualità: il poco spazio delle donne nel mondo del vino (e non solo in quello). Per approfondire lo stato delle cose abbiamo intervistato Laura Donadoni, italiana ma residente negli USA, giornalista e wine educator, esperta di marketing e giudice in numerosi concorsi enologici internazionali. Laura ha un profilo poliedrico ed è stata chiamata a parlare di “problema” in merito alla presenza femminile nel mondo del vino ben prima di essere coinvolta direttamente nella questione, come prova il seminario che le è stato affidato a dicembre scorso durante wine2wine di Vinitaly, condotto insieme a Tatiana Livsey, dal titolo “#metoo nel settore del vino: cosa è successo e cosa possiamo fare per cambiare la cultura sessista online e sul luogo di lavoro”.
Per lei parlano comunque il curriculum e le esperienze accumulate, a cominciare dalla agenzia di comunicazione “La Com” basata in California, dove vive, focalizzata sulla promozione del vino negli Stati Uniti. È sommelier professionista, Vinitaly International Ambassador ed è l’unica donna italiana membro del prestigioso “International Circle of Wine Writers” di Londra. Numerose le collaborazioni, come la guida Slowine in Italia e i magazine Somm Journal e Tasting Panel. Oltre all’agenzia di comunicazione, Laura ha fondato un suo blog, The Italian Wine Girl, raccogliendo una ampia community su Instagram e Youtube. Dal 2019 pubblica, per gli appassionati italiani, il podcast The Italian Wine Girl nel quale affronta temi di wine marketing e commenta notizie e dinamiche americane del settore del vino.
Infine è fondatrice e consulente per la comunicazione di “Ti Porto in America”, piattaforma di formazione online per esportare vini negli States. Ha anche pubblicato il suo primo libro “Come il vino ti cambia la vita” per Cairo editore, raccontando la sua e altre sei storie di ispirazione, coraggio e rinascita nel mondo del vino. È un personaggio quindi dai mille interessi, con una passione per la difesa della cultura del vino italiano negli States e tra gli anglofoni. Vediamo cosa ci ha raccontato in questa breve intervista, tra aspetti personali e consigli per le aziende italiane, oltre a una sua visione del Lazio enologico.
Laura oltre all’intervento a Wine2Wine anche le vicende di inizio gennaio, quando sei stata giudicata più per il tuo aspetto fisico che per il tuo lavoro, mi spingono ad aprire questa chiacchierata con il tema del ruolo della donna nel mondo del vino. Quanto è seria la situazione e quali sono le mosse che ti aspetti dalle aziende per risolverlo?
Il tema della disparità di genere e del sessismo nel mondo del vino è presente da anni, solo che adesso finalmente i nodi sono venuti al pettine, grazie alle donne e agli uomini che hanno deciso di stigmatizzare certi comportamenti, dalla violenza verbale, ai preconcetti misogini, ai veri e propri abusi come nel caso dello scandalo che ha investito la Court of Master Sommeliers a novembre e che ha calcato le prime pagine del New York Times. Sono tutte sfumature di soprusi che ci hanno toccate in maniera più o meno grave a seconda dei casi citati. Il fatto che alcune donne abbiamo avuto la forza di condannare pubblicamente questi comportamenti è il primo passo che deve dare il via a una marcia collettiva verso un mondo del vino più equo e rispettoso delle diversità di genere, di cultura, di opinione.
Risolvere il problema del sessismo è una maratona, non uno sprint: si parte dal cambiamento culturale, dal riconoscere i preconcetti che ognuno di noi ha ereditato da una società sessista in cui siamo tutti cresciuti, bisogna isolare questi preconcetti ed estirparli uno ad uno. Da parte delle aziende mi piacerebbe vedere una condivisione maggiore di questi temi sui social media, nella comunicazione dei loro prodotti (per esempio evitando di utilizzare immagini di donne oggetto o slogan con riferimenti sessuali), nelle pratiche aziendali (orari flessibili per conciliare la vita familiare, colmare il gap di salario tra uomini e donne, permettere a tutti di progredire nella carriera indipendentemente dal genere). Se ognuno facesse la propria parte, a piccoli passi, potremmo davvero sperare che i nostri figli o i nostri nipoti erediteranno una società più equa ed inclusiva.
Tornando al tuo lavoro hai un suggerimento, magari anche più di uno, da dare alle cantine italiane che vogliono iniziare a esportare, o vendere meglio, negli Stati Uniti?
Ho molto di più di un suggerimento. Ho creato un corso online. Si tratta del primo corso online in lingua italiana per imparare le basi necessarie per esportare vino negli Stati Uniti. È una guida utile a chi si trova ad approcciare importatori, consulenti o buyers e deve investire un budget limitato di risorse, quindi non può permettersi di finire nelle mani sbagliate. Ci sono tanti venditori di fumo che promettono ai produttori di ‘sfondare’, passami il termine, sul mercato americano, ma che poi si rivelano impreparati. E il risultato è uno spreco di tempo e di denaro, spesso dovendo ricominciare da capo. Questo corso aiuta a capire come funziona il mercato, quali sono le leggi, come costruire la propria strategia per approcciarlo. È nato dalle numerose richieste di aiuto che ho ricevuto negli anni di lavoro negli Usa. Non esisteva un corso così in italiano e durante il lockdown ho pensato di mettere a disposizione la mia esperienza e le mie conoscenze creando questo strumento. Si trova sulla mia piattaforma di formazione online e si chiama Ti Porto in America.
Come sempre nelle nostre interviste vogliamo dare spazio alle persone, ci piacerebbe quindi conoscere una tua passione che va al di là del vino, quella in cui ti rifugi per ricaricarti o semplicemente per godere dei momenti di riposo.
Mi piace fare lunghe passeggiate sulla baia di San Diego o dove mi trovo se sto viaggiando, ascoltando podcast o audiolibri. Sono una consumatrice compulsiva di informazione audio e a mia volta produttrice di un podcast in cui racconto le curiosità del vino, i trend e le notizie dall’America. Passeggiare e imparare qualcosa di nuovo o ascoltare una storia è una forma di meditazione per me. L’altra mia passione è la corsa: stimola la mia creatività e mi dà molta carica.
Infine un accenno ai nostri luoghi e ai nostri vini, quanto conosci il Lazio enoico? Ci sono vini o vitigni che ami più di altri e quali carte pensi si possano giocare in futuro per diventare protagonisti sui mercati?
Il Lazio è una delle regioni più sottostimate dal punto di vista enologico sia in Italia, sia negli Usa dove arrivano davvero troppo pochi esempi di viticoltura laziale. Io sono una grande fan del Cesanese, per esempio, un rosso profumato, mai stucchevole, pepato, perfetto sull’Amatriciana. Ma adoro anche i bianchi di Frascati, il Bellone, il Cori, la Malvasia puntinata che stava quasi scomparendo, ma che alcuni produttori coraggiosi hanno riportato in vita come monovarietale. Ci sono tante storie da raccontare per ognuno di questi vitigni ed è questa la carta vincente: avere storie uniche, nuove, per nutrire la grande curiosità degli appassionati di vino statunitensi per esempio, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e posti da scoprire.
L’altro asset che può giocarsi il Lazio è l’offerta enoturistica: chi viene a visitare Roma (e dagli Usa sono tantissimi) può raggiungere vigne meravigliose, territori da scoprire, colline e coste marittime. Questo è un valore aggiunto e una porta sul mercato internazionale che altre regioni non possono vantare non avendo città di grande richiamo e ben collegate come Roma. Credo che i produttori del Lazio debbano prendere coscienza tutti insieme del valore che possono offrire all’Italia e al mondo e lavorare uniti per comunicarlo. C’è solo margine di crescita e, dopo il Covid, c’è un boom economico all’orizzonte. Spero saremo tutti pronti a sfruttarlo per il meglio.
Di meglio non potevamo sperare, subito un’intervista ricca di contenuti e che, dopo aver affrontato un problema serio, arriva ad una chiusura positiva. Le opportunità, come dice Laura Donadoni, ci sono e finita l’emergenza Covid dovremo essere pronti a coglierle.
Intanto noi proseguiamo con il nostro lavoro sui contenuti, con e senza volerlo molto “femminile” perché in effetti di grandi donne nel mondo del vino ce ne sono tante e quindi è anche facile dar loro voce. La prossima ad essere intervistata sarà infatti Manuela Zennaro, anche lei giornalista e grande conoscitrice del mondo del vino e della gastronomia.