La Francia e il vino: un mercato interessante che va oltre la rivalità

Da sempre Francia e Italia, con le dovute differenze, si scontrano nel mondo del vino, e non solo, da buoni rivali. Ma questo non significa che, oggi, non ci siano possibilità per i vini italiani di farsi conoscere anche su un mercato così orgogliosamente focalizzato sulle produzioni interne.

A spiegarci che qualcosa è cambiato negli ultimi due o tre decenni ci pensa Christophe Andrieu, giornalista ed editore con una lunga esperienza nell’informazione di settore. Andrieu è attualmente editore delle riviste specializzate Magazine des Hôteliers e Magazine des Cavistes & Sommeliers, un punto di vista privilegiato, il suo, sul mercato del vino francese che può diventare molto utile per capire tendenze e specificità dei nostri cugini d’oltralpe.

Caro Christophe, in Francia il vino italiano è solo un potenziale rivale o c’è una connessione, diciamo un legame, che lo rende preferibile a quelli di altri territori del mondo?

Come è noto i vini francesi sono piuttosto famosi e i consumatori transalpini di solito sono molto orgogliosi di questo fatto. In questo senso, per molto tempo, è stato molto difficile per i produttori stranieri persino coesistere nel mercato francese. Solo 30 anni fa qualcosa è cambiato, con l’arrivo di alcuni vini provenienti dal «nuovo mondo» – Cile e California in particolare – e soprattutto perché le aziende francesi erano coinvolte nella loro produzione.

Ma ora, negli ultimi 10 anni, assistiamo ad un nuovo fenomeno: i consumatori sono più inclini a scoprire nuove cose e hanno allargato i loro orizzonti. Il punto è che i consumatori francesi di solito sono piuttosto informati e abituati a ragionare sui vitigni, le denominazioni e sulla stessa nozione di “terroir”. Tutto questo potrebbe essere un buon punto a favore dei vini italiani, perché questo tipo di legame e di vicinanza potrebbe essere la chiave giusta per sedurre gli appassionati francesi.

 

C’è differenza su come il vino italiano è visto dai giovani in Francia rispetto alle generazioni più adulte?

Solitamente i consumatori giovani sono più aperti, meno informati ma più vogliosi di provare cose nuove. Tra l’altro, nonostante i vini italiani siano praticamente cugini dei nostri, in Francia sono considerati ancora come “esotici”. Il successo del Prosecco, per esempio, è iniziato con gli spritz. Tuttavia oggi è abbastanza facile trovare questi vini nei negozi di vendita al dettaglio e anche nei ristoranti.

 

Secondo il tuo punto di vista, quali sono i punti di forza dei vini italiani, magari di una regione come il Lazio, utili ad avere più possibilità sul mercato francese? Il prezzo, i vitigni, la sostenibilità, il packaging?

Sicuramente oggigiorno la sostenibilità è la chiave fondamentale. Allo stesso tempo il prezzo, o il “valore” dell’acquisto come sarebbe meglio inquadrare la cosa, è sempre molto importante. Credo che la tendenza sarà sempre di più quella di contrapporre a contenuti troppo sofisticati una vera prova di sostenibilità.

Tornando alla prima parte della domanda, penso che ci saranno diversi modi di aprire le porte del mercato francese ai vini italiani. Innanzitutto comunque con i vini facili da bere, come ha fatto il Prosecco alcuni anni fa. Ci sono possibilità anche con i vini bianchi aromatici o con i rosati, ultimamente molto gettonati tra i giovani consumatori. Ma quello francese è anche un mercato maturo, come quello inglese o belga, quindi ci sono molte carte da giocare per i vini italiani anche pensando alla storia, alla qualità, alle denominazioni e all’incredibile varietà di uve.

Ci sono insomma molte cose da dire ai consumatori francesi, anche se ad essere onesti, ad oggi, regioni come il Lazio non sono tra le prime a venire in mente. Non si tratta di un sondaggio ufficiale ma piuttosto di una sensazione personale, se tu chiedessi ad un consumatore francese di nominare alcune varietà di uve italiane probabilmente ti parlerebbe di Nebbiolo, Barbera, Sangiovese o Vermentino; mentre per le regioni ti direbbe Toscana, Piemonte o Sicilia; per i vini Barolo, Chianti, Montepulciano d’Abruzzo o Moscato d’Asti e, ovviamente, Prosecco!

 

Il fascino della storia, a cominciare dall’antica Roma, ha un peso sulla comunicazione del vino in Francia?

Molti dei vitigni francesi provengono direttamente dal periodo romano. È chiaro che c’è perlomeno un legame tra questi vitigni e questo periodo storico (più di 600 anni nel sud della Francia!). Molte delle denominazioni e anche delle aziende non esitano a citare questi collegamenti.

Ovviamente questo legame storico è ancora più forte per i vini italiani. La narrazione potrebbe limitarsi a questo, ma non bisogna dimenticare in alcun modo quello che le vigne disegnano nel paesaggio. Questo può aiutare molto bene a definire alla perfezione il termine «Terroir». Jacques Puisais, famoso enologo francese scomparso due anni fa, era solito dire «un vino dovrebbe avere il volto del vignaiolo e il cuore del territorio».