L’eccellenza della moda Made in Italy abbinata al vino nelle parole del rappresentante dello storico marchio di cravatte Marinella
a cura di Fabio Ciarla
La cravatta, in Italia e nel mondo, ha un “nome” ben preciso: Marinella. Pochi elementi dell’abbigliamento hanno una storia così importante e un brand universalmente riconosciuto come questo foulard, che nasce come pegno d’amore in guerra ed è diventato un simbolo di eleganza assoluta. Una storia internazionale, perché il foulard bianco e rosso (colori nazionali) di una brigata di mercenari croati durante la guerra dei trent’anni (XVII sec.), prese immediatamente il nome di kravatska (Krvat, in slavo, vuol dire appunto “croato”). Un fazzoletto annodato al collo come simbolo di fedeltà alle donne lasciate a casa per andare a fare la guerra, che prese piede nelle corti europee, a cominciare da quella francese con Luigi XIV che nel 1661 istituì addirittura la carica di Cravattaio del Re. La tradizione si sviluppò poi in Inghilterra, prendendo la forma attuale a fine 800, alla sua diffusione contribuì Lord George Brummel, dandy e stilista. Ultimo passaggio quello del 1924, ad opera di Jesse Langsdorf che a New York ebbe l’idea di tagliare tre pezzi distinti a 45 gradi rispetto al dritto filo del tessuto, per poi cucirli insieme. In quel momento erano però già 10 anni che in via Riviera di Chiaia, a Napoli, era stato aperto un piccolo laboratorio di alta sartoria da Eugenio Marinella. Sete pregiate stampate in esclusiva in Inghilterra, manifattura della migliore tradizione napoletana e uno stile unico. Nasce così la storia, ora più che centenaria, del marchio reputato oggi in tutto il mondo come il meglio che si possa portare al collo. Capi di Stato, manager, reali e divi di Hollywood, chi vuole sfoggiare una cravatta esclusiva va da Marinella. E bisogna andarci, sia a Napoli nella bottega rimasta praticamente come era, sia nei punti vendita sparsi nel mondo, perché non esiste e-commerce. In questo tempo di quarantena e di digitalizzazione forzata ci è sembrato ancor più significativo incontrare virtualmente Alessandro Marinella, ultima generazione entrata all’opera per mantenere alto il nome di quella che è ormai una istituzione non solo a Napoli ma nel mondo. A lui abbiamo chiesto qualcosa della storia di Marinella e qualcosa, ovviamente, del rapporto con il vino. Perché ci sono molti punti di contatto tra l’alta sartoria e certi vini, così come tra le cravatte e le etichette dei vini… Buona lettura!
Alessandro l’alta sartoria e il vino hanno molti punti di unione, se le chiedessi di abbinare una cravatta a un vino (o più di una) a cosa penserebbe?
Aglianico – blu
Come la cravatta blu, considerata forse la cravatta più classica ed adatta a quasi tutte le occasioni che siano di giorno o di notte, l’Aglianico, un po’ per l’abbondanza in terra campana, un po’ per le sue note calde e avvolgenti come la tradizione nostrana, può essere considerato come un must have anch’esso adatto (quasi) sempre.
Barolo – regimental
La cravatta regimental, il cui nome deriva dai reggimenti inglesi, è considerata una cravatta più istituzionale che nella maggior parte dei casi viene attribuita all’appartenenza a qualche circolo o casata più in generale. Così il Barolo, per il perfetto connubio fra componenti “dure” e quelle “morbide”, può essere considerato un vino “elegante”.
Amarone – rosso
Si dice che la cravatta rispecchi la personalità e l’umore di una persona. La cravatta rossa è una cravatta forte, aggressiva, di chi non ha paura di dire la propria. Per la forte gradazione alcolica e le altrettante note organolettiche decise, l’Amarone non può che essere accostato al rosso.
Chardonnay – bianco
Profumato, elegante, fruttato, lo Chardonnay è un vino solare, radioso ma allo stesso tempo mai volgare. Allo stesso modo, come vuole la tradizione napoletana, la cravatta bianca, da indossare di giorno su una camicia bianca, è considerata fra le più eleganti. Ma attenzione la cravatta bianca non è per tutti, bisogna saperla portare, provare per credere!
Rosé – azzurra
Il vino rosé, prodotto lasciando in contatto il mosto con le bucce per un breve periodo di tempo, necessario a conferirgli colore e sapore unici e dando la possibilità a questa categoria di vino di abbracciare una vasta gamma di associazioni alimentari, deve assolutamente essere associato alla cravatta azzurra. Quest’ultima può, come i vini rosati, essere considerata la cravatta più classica e formale, quanto la più estrosa e radiosa. Sarà la persona che la indossa a darle il tono che meglio si addice all’occasione.
Prosecco – rosa, lilla, arancione, verde chiaro
Dolce, frizzante solare, il prosecco noto ormai in tutto il mondo per il suo inimitabile sapore e la sua irresistibile frizzantezza, non può che essere associato a tutti quei toni di cravatta più chiari e “allegri” come il rosa, il lilla, l’arancione, il verde, ecc., considerati una forte variante alla monotonia di tutti i giorni ma anche come la più chiara espressione della gioia e dell’umore di chi le indossa.
Andando più nello specifico il parallelo etichetta – cravatta ha un senso? Una bottiglia di vino si “veste” tramite l’etichetta o il packaging allo stesso modo di una persona?
L’etichetta di un vino deve comunicare qualcosa all’acquirente, un messaggio, un carattere, deve essere interessante e invogliare all’acquisto. Analogamente, la cravatta veste l’uomo, lo definisce, ne comunica la personalità e l’umore. Gli conferisce eleganza; e un uomo ben vestito, con un abbigliamento coerente con la sua figura, ma anche con la situazione, risulta interessante e attira l’attenzione.
La forma e la sostanza. Spesso tramite la forma, intesa come aspetto esteriore, si può comunicare la sostanza.
Credo che trovare il giusto mezzo di comunicare è fondamentale per evitare ambiguità e libere interpretazioni, il packaging è importante nel commercio e, perché no, anche per l’uomo nella sua vita quotidiana e nella sua rete di relazioni. L’abbigliamento può essere pensato come una sorta di “packaging” con il quale ci “confezioniamo” per affrontare il mondo esterno e dire chi siamo.
Alessandro, lei è l’espressione di una grande tradizione familiare, come avviene il passaggio di strumenti e saperi? Si tratta di DNA o dell’aria che si respira fin da bambini?
La nostra famiglia, un po’ per tradizione, un po’ per “destino” ha sempre dato alla luce un solo figlio maschio. I Romantici direbbero che sia tutta opera di trasmissione di geni o di allineamento di stelle.
La verità è che nella famiglia Marinella si vive l’atmosfera fin da quando si è bambini.
Mio padre racconta sempre che, all’età di 8 anni, fu avvicinato durante un pranzo domenicale in famiglia da mio nonno e dal mio bisnonno, i quali, ritenendolo ormai un adulto, gli dissero che da quel giorno sarebbe dovuto scendere in negozio, non tanto per lavorare ma principalmente per respirare quella famosa “atmosfera”.
I tempi oggi-giorno sono cambiati, il mio ingresso in azienda è avvenuto post laurea ma, come è accaduto per mio padre e per mio nonno prima di lui, fin dalla nascita ho passato tantissimo tempo della mia vita nel negozio storico.
Ricordo anche di aver compiuto e festeggiato i miei 10 anni al secondo piano di palazzo Satriano, allora sede del nostro show room.
Questo vivere l’azienda di famiglia come casa ci insegna da sempre a relazionarci con i nostri clienti non come tali, ma come amici. Dove il trascorrere tempo assieme anche solo per una chiacchiera acquisisce molto più valore della mera vendita.
Il connubio Negozio/Famiglia è indissolubile. La Famiglia Marinella è il negozio che è parte integrante della Famiglia stessa. Sarebbe difficile per me parlare della mia famiglia, senza parlare anche dell’Azienda.
A volte sembra che lo stile e l’eleganza – nella moda come nel vino – siano automaticamente collegate alla capacità di spesa, è davvero così?
Apparentemente può sembrare così, ma io credo che questa sia una deduzione semplicistica.
Tutto può essere legato a cosa s’intende per eleganza. Nell’accezione comune, l’eleganza è spesso legata al lusso che è, invece, direttamente legato ad una capacità di spesa.
Credo che l’eleganza, se parliamo di abbigliamento, significa portare ciò che si indossa, con agio e disinvoltura, completare il proprio outfit con i giusti accessori, saper individuare il giusto abbigliamento per le varie occasioni. In tal senso, non è sempre necessaria una spesa ingente. Analogamente, per i vini. Ci sono vini, cosiddetti “poveri” che sono egualmente gustosi e adeguati in particolari circostanze.
Se parliamo di qualità, come la qualità delle materie prime, qualità di una lavorazione artigianale, ecc., può accadere e accade che serva una spesa più elevata, ma anche questo non assicura sempre il top del risultato, sappiamo tutti che un’annata sbagliata può capitare a tutti, come spesso accade per i vini!
Credo che, come sempre, non esista una risposta definitiva e assoluta a questa domanda, il tutto resta inevitabilmente relativo alle circostanze.